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Il primo romanzo per un autore

Cammino alla scoperta di una scrittrice emergente:
Terzo capitolo:


Quando è stata la prima volta che avete provato a scrivere un romanzo?

Inizio io raccontandovi la mia avventura.

Un'impresa soddisfacente che ricordo come un sorriso dalla persona amata, mi sentivo felice come se avessi a portata di mano il mondo intero e io ne fossi il capo, potevo fare quello che volevo, non esistevano regole se non quello che io decidevo, non esistevano limiti se non quelli che sceglievo.

Non esisteva il bene e il male ed entrambi coesistevano o erano inversi, niente mi faceva paura e niente mi rendeva libera, una via di mezzo dal mondo reale che mi circondava.

In quel periodo ero fortemente indirizzata verso due saghe, quella della Mayer e quella della Smith e così ho idealizzato i loro romanzi, i loro personaggi e ho provato a scrivere una storia che parlava di vampiri in una scuola superiore, con una ragazza protagonista dal nome pretenzioso proprio come il suo carattere, una cerchia di amiche che l'aiutavano nelle sue imprese e il protagonista maschile, il nuovo arrivato che era un vampiro.

L'inizio della storia spiegava la sua vita ordinaria tra famiglia, casa e uscite con i coetanei, fino a quando il nuovo arrivato la catapulta in un universo parallelo infestato dai mostri succhia sangue.

Il loro amore era nato con un colpo di fulmine, ma la protagonista femminile aveva molti scheletri nell'armadio e lasciarsi andare a quel sentimento non era affatto facile.

La struttura era questa, poi ho inserito l'antagonista del personaggio maschile, il suo creatore che per una vecchia disputa cercava di portarle via l'amore della sua vita.

L'evolversi della storia si concentra sulla riuscita da parte dell'antagonista nella sua impresa e la protagonista si ritrova alle prese con delle decisioni difficili, deve allontanarsi dal suo amore per aver salva la sua vita e quella della famiglia.

Non ho mai scritto un finale, non sapevo come indirizzare la storia e alla fine ho chiuso il quaderno su cui l'avevo scritto in un cassetto e non l'ho più riaperto fino a qualche anno fa.

Quando scrissi il romanzo avevo dodici anni, frequentavo la seconda classe della scuola media e ricordo che usavo tutto il tempo libero per creare la mia storia.

Addirittura cercavo di finire i compiti in classe nel minor tempo possibile, così mentre gli altri compagni finivano le varie verifiche, io mi concentravo sulla scrittura.

I professori mi sgridavano per la poco concentrazione, non hanno mai capito che quello che cercavo di fare aveva la stessa importante dello studio e quando ho finito il terzo anno, nessuno mi ha spronata a diplomarmi e così scelsi una scuola professionale.

Non posso dare a nessuno la colpa delle mie scelte, ma ero giovane e questa lacuna me la trascino ancora oggi, anche se col senno di poi, ho capito che sapere creare e scrivere un testo sono due cose completamente diverse.

La mia passione non morirà mai e nessuno potrà portarmela via, certo sono stata costretta a studiare autonomamente per migliorare gli aspetti negativi della mia scrittura, ma per raggiungere uno scopo bisogna pur fare dei sacrifici.

In quel periodo imparai un'altra lezione importante e ciò che con la mia mente potevo essere libera di vivere come meglio credevo e ho compreso come dar voce e volto ai miei amici immaginari, non erano più invisibili, ma vivo attraverso le parole e mi appartenevano.

Ne ero così gelosa che non dissi a nessuno cosa stessi facendo e mi dispiace aver perso la maggior parte di quello scritto, avrei potuto rielaborarlo e modificarlo, ma l'avevo appuntato su un quaderno in matita, così da poter correggere senza impastocchiare la carta, ero fissata con l'ordine e con gli anni passati alla fine le pagine chiuse e strette tra loro hanno sbiadito la grafia e non sono più riuscita a leggere per intero la storia.

Ricordo molti dettagli e la struttura, ma allo stesso tempo ricordo delle scene particolari e del mondo in cui le avevo descritte, ma non riesco a trovare le stesse parole che usai all'ora, in teoria dovrei riprendere in mano il progetto e ricominciare da capo, ma non era una storia degna di essere condivisa, era solo l'esperimento di una ragazzina alle prime armi e così quel quaderno giace ancora in quel cassetto impolverato con la speranza un giorno di poter vedere la luce.

Credete che debba permetterglielo? 

Da quell'esperienza ho capito che non bisogna emulare le storie altrui e che bisogna caratterizzare molto bene i personaggi. 

Al prossimo appuntamento.

Sharon. 


Commenti

  1. No, non mi è mai passato per la mente di scrivere romanzi: i racconti mi bastano e avanzano. Più che altro, forse, soggetti per film. Ma, per realizzarli (i film non i soggetti), avrei dovuto avere un altro destino, essere in mezzo ad altre persone, altri ambienti. La nostra vita dipende moltissimo dalle compagnia in cui ci troviamo e siamo coinvolti. Per lo più per caso.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Stefano.
      Sì, purtroppo hai ragione. Non è facile cambiare strada quando ciò che ti circonda sembra averla già decisa per te. Capisco molto bene questo discorso, ma sono anche dell’idea che, se veramente si ha un obiettivo, si deve provare in tutti modi a realizzarlo. Non è detto che l’intento vada a buon fine, ma almeno ci si deve provare. ☺️

      Elimina

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