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Analisi -Il miglio verde- di Stephen King

Analisi 

-Il miglio verde- di Stephen King

E' strano come il tempo possa assumere innumerevoli sfumature nell'arco di un solo istante. 

Da poco ho finito la lettura di questo romanzo ed è altrettanto strano del tempo che ho avuto bisogno per pensare, per schiarirmi le idee e capire cosa mi abbia lasciato questa sensazione di vuoto nell'anima.

No, non è per il finale, e nemmeno per l'intera storia.

Ho visto il film quando avevo poco più di dieci anni, e quindi sapevo già cosa aspettarmi da questa lettura, motivo per cui non ho mai avuto il coraggio di prendere in mano questo romanzo; ma alla fine la curiosità ha vinto sulla paura della sofferenza e ho affrontato questo viaggio.

L'autore ha uno stile molto personale e decisamente introspettivo. 

Sono stata condotta per una storia che nessuno vorrebbe ascoltare, con parole franche, che non lasciano spazio a fraintendimenti e con descrizioni reali, da cui la mente non può fuggire. 

La prima volta che ho preso tra le mani questo libro, l'ho fatto con la consapevolezza che avrei pianto, anzi, con l'assoluta certezza che mi si sarebbe spezzato il cuore e invece, non è stato così.

Mi sono sbagliata fin dall'inizio e perché?

Ho dato per scontato che il finale potesse rattristirmi e invece no.

C'è ben poco di cui essere tristi, piuttosto ho avuto la piacevole, o forse è meglio dire, spiacevole, sensazione di essere libera.

Da cosa?

Da una storia che nessuno vorrebbe sentire.

Ecco, forse in realtà, questa storia tutti dovrebbero conoscerla e il problema sta proprio qui: la verità rende liberi, ma anche schiavi.

Devo essere sincera, non amo particolarmente questo tipo di narrazione.

Lenta e a ritroso, che ripercorre gli aventi in maniera snervante.

Particolari che formano un intreccio, che lo stravolgono e ribaltano, per poi tornare al punto di partenza, ma per quanto lo stile non rientri tra i miei preferiti, non posso comunque che esserne rimasta affascinata.

C'è stato qualcosa di inquietante in questa lettura, come se l'autore avesse sradicato tutti i muri imposti dalla logica, in un susseguirsi di domande e risposte, che alla fine non hanno nemmeno così importanza.

"Perché non hanno gridato?"

-Ma chi se ne frega!- 

L'ho pensato davvero, non sto scherzando, non aveva importanza, non in quel momento; forse l'autore doveva inserirlo più avanti o più indietro nella narrazione?

Non credo, forse non doveva proprio raccontarlo?

Non lo so, ma a me non importava, perché in quella scena, in quel momento, la storia si stava incanalando verso la liberazione e forse, non c'era bisogno di sapere altro. 

L'accettazione è la forma più pura di acquisizione di serenità e in quel momento c'era e allora perché rovinarla con un dettaglio così crudo? 

Perché durante una corsa contro il tempo, dove l'ansia gioca a polo con lo stomaco, bisogna raccontare del modo in cui il tipo si ferma a orinare e che una brutta sensazione gli attraversa il corpo facendo si che la scarica gli dà la spinta per far uscire altre gocce di liquido?! 

Avrei ucciso il protagonista soffocandolo con la sua stessa orina, sul serio. 

Quindi, per tornare all'inizio, cos'è questa sensazione di vuoto che mi ha lasciato il romanzo? 

Credo, dopo aver scritto questa riflessione, che in parte sia dovuto al messaggio che si cela tra le pagina de "Il miglio verde".

Parole che vanno oltre la storia, frasi che vanno oltre il loro significato.

Avete mai pensato alla schiavitù avvenuta in America?

Avete mai preso coscienza di quante vite stroncate, solo per il colore di pelle?

Di solito, a scuola, ci fanno studiare la seconda guerra mondiale e sappiamo tutti che dal '42 c'è molto da imparare, ma in quante scuole si apprende delle piantagioni di cotone, dove venivano schiavizzati uomini, donne e bambini di colore? 

Non so, questa storia mi ha portato indietro nel tempo, in quegli anni e mi ha vista spettatrice inerme della vita di un uomo.

Un uomo di colore, il quale unico delitto, imputatogli da un suo stesso PARI, sia stato essere uno strumento del fato. 

Non ho potuto credere al fatto, che nemmeno con i gusti indizi e prove, non si potesse riaprire il caso e riesaminarlo.

Un uomo è innocente fino a prova contraria.

Sul serio?

Quante balle!

Quanta rabbia, quanto sconcerto, quanta delusione e il fatto di non poterlo credere mi ha fatto capire quanto quel mondo mi sia sconosciuto e si sa, ciò che non si conosce fa paura.

Ho riordinato le idee e capito la sensazione di vuoto, non credo di poter aggiungere altro e nemmeno me la sento.

Mi sento intontita e no, non ho bevuto, sono anche astemia.

Questo significa essere uno scrittore.

Raccontare e lasciare al lettore più della storia stessa.

Lasciare il lettore ubriaco per aver vissuto un'altra vita, una che non gli apparteneva, ma che gli apparterrà fino alla fine dei tempi. 

Nota autrice: 

Allora? 
Cosa ne pensate di questo romanzo?
Siete d'accordo con la mia analisi?








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