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Analisi -La luna e i falò- di Cesare Pavese

Analisi 

-La luna e i falò- di Cesare Pavese

Premetto che inizialmente nel libro viene presentata la biografia di questo autore e poi la sua bibliografia e che quindi quello che viene anticipato mi ha pressoché condizionata nella lettura di questo romanzo.

Pavese è un personaggio insolito e profondo, con sole centro pagine è riuscito a destabilizzarmi e trasmettermi tutto il suo disagio inerente al non conoscere le sue vere origini.

Infatti già dell'incipit questo pensiero è bene caratterizzato: 

" C'è una ragione perché sono tornato in questo paese. Qui non ci sono nato, è quasi certo; dove sono nato non lo so; non c'è da questi parti una casa né un pezzo di terra né delle ossa ch'io possa dire:
<< Ecco cos'ero prima di nascere >>. 

Detto questo si può capire la trama di questo libro e il percorso che va affrontato non è semplice, nemmeno per un lettore che si immerge in queste pagine, che porta alla scoperta di una realtà, non intesa come tale, ma al simbolo che essa sottintende, del mistero che dietro di essa si cela.

Un personaggio veramente irrequieto, che ricorda e vive nello stesso momento una storia che dovrebbe fargli capire l'importanza di tornare in un posto conosciuto, ma si sa, che quando gli anni passano, anche le cose cambiano.

Questo Pavese lo prende come un atto di disagio, di non appartenenza, come se all'improvviso non sapesse più dove fosse. 

Troviamo inoltre personaggi che vengono descritti in maniera complessa e blanda allo stesso tempo, Pavese affronta la loro morte nella stessa maniera in cui io potrei descrivere la passeggiata della domenica mattina.

Non sembra infondergli il giusto rammarico o dolore per tale perdita, ma semplicemente ne racconta le vicende come un fatto cronico e di poca importanza.

Non so se questo possa relazionarsi con il suo evidente turbamento alla vita, infatti Pavese ha vissuto molte esperienze traumatiche che ovviamente l'hanno cambiato e scosso nel profondo.

Il personaggio che viene preso in considerazione e con attenzione è Cinto, un ragazzo che dovrebbe rispecchiare il Pavese della storia da giovane e quello che lui ha vissuto.

Non troviamo un intreccio con colpi di scena, perché non si sta parlando di un romanzo a cui servano, ma una buona fabula che ruota e torna al punto di partenza.

La fine non poteva essere diversamente e il fatto che comunque, nonostante il viaggio che Pavese stesso abbia intrapreso, non abbia capito che il luogo di appartenenza non è una città, ma normalmente dove stanno le persone amate, fa capire l'enorme solitudine che vige nel suo cuore.

L'anticipazione di cui vi parlavo sulla sua vita, è stata il fatto che Pavese è morto suicida, quindi mi aspettavo una lettura controversa ed estrosa.

Devo però ammettere che mi è molto dispiaciuto venire a conoscenza di un simile gesto, si potrebbe pensare che con la fama ottenuta e il dono della scrittura, che Pavese avrebbe potuto avere molto dalla vita, ma che ha evidentemente preferito mettere la parola fine al suo percorso interiore.

Probabilmente nei suoi anni la depressione non era conosciuta come al giorno d'oggi e di certo un uomo non poteva permettersi una simile debolezza, quindi forse il fatto che nessuno lo abbia realmente aiutato, ha poi alla fine portato l'uomo ad un simile gesto.

Per concludere consiglio a tutti quanti questa lettura, non per divagare la mente, ma per imparare da un grande autore e uomo di quell'era. 

Bisogna sempre apprezzare un persona con tale visione!

Nota autrice

Che ne dite di questo romanzo? 

Chi lo ha letto innanzitutto? 

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