Come scrivere un romanzo e comunicare un messaggio:
Trentesimo capitolo
- Paura di concludere una storia -
Direi che ormai la scalata è quasi finita, anche se scivolosa ce l'abbiamo fatta e manca poco per godere il panorama una volta in cima.
Continuate a scrivere, mi raccomando, non mollate adesso che la fine è all'orizzonte e visto che la volta precedente abbiamo trattato un lavoro complicato, che poi è stato messo in pratica, almeno spero, ho pensato per oggi di limitarmi a dirvi quello che tratterò dalla prossima lezione fino all'ultima; farvi una specie di introduzione all'avvenire.
Semplicemente mi piace alternare giornate di lavoro sodo e giornate più riflessive, servono entrambe, come abbiamo notato in questa avventura, per migliorarsi e per apprendere in maniera costruttiva ed equilibrata.
Non si può pensare di scrivere solo con le parole e non si può pensare di riflettere sullo scrivere, entrambi i metodi servono in eguale misura.
A ogni modo, non so se avete fatto caso a come ho iniziato questo post, in teoria ho rimandato l'argomento principale dilungandomi in pensieri, anche se coerenti, ormai già espressi ed è normale chiedersi: perché?
Niente di quello che scrivo è buttato a caso, tutto ha una sua logica e ho
voluto che il mio incipit fosse un esempio di come arrivati a scrivere il finale del vostro romanzo, possiate, senza volere, rimandare la conclusione per paura di finire.
Mi spiego meglio, questo purtroppo è un errore comune a tutti gli scrittori alle prime armi, personalmente è l'unico che non ho mai fatto, forse per un fortunato caso, o forse per intervento del destino, fatto sta che non c'è niente di male ad avere paura di scrivere il finale, ma non potrete mai sapere cosa si prova se non lo fate.
Non abbiate paura di un sentimento che ancora non conoscete, esplorate questa esperienza con il cuore e con gli occhi di chi a pianto lacrime salate per ciò che ha messo in scena.
Posso solo confermarvi che finire non mette il punto alla storia, ma lascia un'impronta indelebile nella vostra anima. La prima opera è paragonabile solo alla più bella esperienza della vita:
Fare l'amore per la prima volta.
Non potrà essere dimenticata e non andrà ritirata in una cassetto polveroso, lasciate che prenda il volo, datele la spinta per sorvolare le nuvole e viaggiare libera.
Spero che questo mio piccolo esempio sia stato di aiuto e che vi abbia fatto capire in modo semplice e concreto quello che avrei potuto semplicemente spiegarvi parola per parola in questo post, ma non mi piace seguire le regole, bisogna trascendere l'impossibile per capire i nostri limiti e per diventare liberi dalla restrizione della nostra stessa mente.
Esercizio:
Cosa ne pensate di questo esempio?
Siete d'accordo con me?
Vi è mai capitato, arrivati alla fine, di non riuscire a scrivere l'ultima frase?
A presto, come sempre la vostra Sharon.
Finire lascia un vuoto enorme, mettere un punto è difficile ed anche le ultime parole di una storia lo sono, ne ho messe solo due fino ad ora, ma, non so perché ma una volta deciso di mettere fine le parole sono uscite in tranquillità, ho aperto il cuore ho lasciato che la storia mi trasportasse ed ho messo quel temuto punto.
RispondiEliminaCiao Lara, grazie dell'intervento!
EliminaAnch'io fino ad ora ho finite due storie e come dici tu, bisogna farlo con tranquillità e spensieratezza.
Il vuoto che mi hanno lasciato è incolmabile, ma era giunta la loro ora e quindi ho lasciato andare entrambe le storie.
Altrimenti si rischia di protrarre un lavoro in maniera pesante e disordinata e senza alcun senso logico nella storia stessa.
Ti aspetto alla prossima.
Sharon