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Scrivere con il monologo interiore


Scrivere con il monologo interiore


Quando si scrive usando la tecnica del monologo interiore, non bisogna confondersi con il flusso di coscienza, perché entrambi trasmetto pensieri intimi del protagonista, ma diversamente da quest'ultimo deve avere un filo logico da seguire.

Un flusso non si controlla, sono pensieri buttati a casaccio su un foglio, tipo quando si fa il brainstorming, ma un monologo invece segue uno schema preciso.
Attraverso questo stile di scrittura si può identificare la caratterizzazione di un personaggio, poiché lo scrittore si può divulgare su temi specifici e lasciare che emerga l'Io narrante della storia.
Vi faccio un piccolo esempio di un monologo interiore di un racconto non ancora usato per un concorso letterario:

La mia storia non è niente di speciale, soprattutto non in confronto alla vita travagliata di Van Gogh, o all'illustre romantico William Shakespeare e nemmeno paragonata al viaggio ai confini dell'immaginabile di Alice nel paese della meraviglie, ma appartiene alla parte più nascosta di me stessa, quella che mi permette ancora di credere e di sognare, la bambina che non è mai cresciuta completamente e pertanto rimane unica e insostituibile.

Mi sono ritrovata a scrivere questa storia pensandomi da anziana a dover raccontare il viaggio che ho deciso di intraprendere e quindi ho inserito parecchi monologhi interiori per far emergere la personalità della protagonista.

Non è affatto facile dividere la storia narrata, da un flusso e un monologo, bisogno stare molto attenti ai particolari.

Ad esempio, vi inserisco un pezzo raccontato:

I suoi occhi erano svegli per l'età che dimostrava, mi aveva guardata intensamente, prima di chiedermi perché tenessi un diario logoro sotto al braccio.
Le avevo sorriso spontaneamente, rispondendole che quell'ammasso di carta era il mio tesoro più grande, un insieme di esperienze che avevo trascritto per non dimenticare e che se avesse imparato a farlo anche lei, non avrebbe più avuto paura di affrontare la sua mente.

Riuscite a capire la differenza?

Voi quale stile preferite adottare?

A presto, come sempre la vostra Sharon.




Commenti

  1. "all'illustre romantico William Shakespeare" William Shakespeare (1564-1616) non fa parte dei romantici inglesi ma è il maggior esponente del Teatro Elisabettiano fiorito sotto il regno di Elisabetta I (dal 1558 fino alla di lei morte nel 1603); Altri illustri drammaturghi dell'epoca, Ben Jonson , noto per il suo "Volpone" (mi è capitato di vedere un film tratto da questo dramma con nel ruolo principale inaspettatamente Paolo Villaggio e Enrico Montesano nel ruolo di Mosca: spassosissimo!) e, degno rivale di Shakespeare, Christopher Marlowe noto soprattutto per il suo "Doctor Faustus".
    Ci sono due generazioni di poeti romantici: la prima annovera la (quasi) coppia W. Wordsworth e S.T. Coleridge. Viene annoverato anche quel visionario (nel vero senso della parola) di William Blake che però è una figura particolare perché alle sue poesie si associa anche la sua arte figurativa (lesue, credo, incisioni sono dei capolavori).Nella II generazione di poeti romantici troviamo la triade Byron, Shelley e Keats.
    Un esempio di "flusso di coscienza" - sicuramente il più famoso - è quello dell'ultimo capitolo dell'Ulisse di J. Joyce: il flusso senza segni d'interpunzione di Molly Bloom. Esempi di "monologo interiore" se ne possono trovare, credo, in "Gente di Dublino" dello stesso Joyce e, soprattutto, nei romanzi di Virginia Woolf "Mrs Dalloway", "Gita al faro". Contrariamente a quanto si crede, non fu Joyce ad usare per primo, inventandolo, il "flusso di coscienza" ma parrebbe lo abbia mutuato dallo scrittore francese Edouard Dujardin (1861-1949).

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    1. Ciao Stefano;
      Grazie mille per la tua esaustiva spiegazione, non ne ero al corrente e ne farò tesoro.
      Ho avuto modo di sentire nominare Virginia altre volte, ma mai di leggere un suo romanzo.
      Prenderò esempio dal titolo che hai citato e lo leggerò per farmi un'idea del suo modo di usare il monologo interiore.
      Grazie davvero, a presto.
      Sharon.

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  2. Buongiorno,
    talvolta rimane ancora molto sottile la differenza fra monologo interiore e discorso indiretto libero. Qualcuno può descriverla con più precisione?
    Grazie.

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    Risposte
    1. Ciao benvenuto/a.
      Il monologo interiore rimane un discorso che il protagonista può fare tra sé e sé, ad esempio un pensiero intimo riguardo a una determinata situazione, mentre il discorso indiretto può essere una risposta “muta” a una domanda o a un pensiero riguardo ciò di cui si sta parlando in una determinata situazione. Adesso è un po’ più chiaro? ☺️

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  3. grazie mille per la spiegazione, anche l'esempio è stato esaustivo. Devo semplicemente scriverne uno per scuola ma ero abbastanza confuso. :D

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    Risposte
    1. Ciao Seven. Mi fa piacere che l’articolo ti sia stato di aiuto. Buona fortuna per il racconto. 🍀
      Sharon

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  4. Grazie mille!! Utilissimo

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